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Perdonare chi o cosa?

Come si può in genere perdonare loro, se essi non sanno ciò che fanno? Non si ha proprio niente da perdonare. – Ma sa mai un uomo pienamente ciò che fa? E se questo rimane sempre perlomeno un dubbio, allora gli uomini non hanno mai qualcosa da perdonarsi, e essere clemente è, per il più ragionevole, una cosa impossibile. Da ultimo: anche se i malfattori avessero veramente saputo ciò che facevano – noi avremmo avuto comunque il diritto di perdonare solo se avessimo avuto il diritto di accusa e di punizione. Ma questo non
l’abbiamo.

Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano II, 1879/80

 

 

Solamente chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa ne perdonare ne punire.

Mahatma Gandhi

 

 

Il perdono è un percorso del cuore affascinante che passa attraverso sentieri lunghi, faticosi e contorti. E’ un percorso che iniziamo al buio per poi riscoprirci in una vallata di luce. E’ un viaggio all’interno dei meandri della personalità e dell’ego che devono farsi da parte per permettere il risplendere dell’anima.

Il perdono è una delle pratiche spirituali più importanti e potenti che possiamo sperimentare nella nostra vita. Perdonare “l’altro” (che non è mai altro) significa perdonare noi stessi e perdonare noi stessi significa perdonare l’altro.

Quando pensiamo, o meglio la nostra personalità reattiva crede, che sia stato commesso qualcosa ai suoi danni i primi pensieri che ci animano sono di vendetta ed affermazione. Siamo letteralmente accecati perché pensiamo che sia stato fatto qualcosa di pesante a noi stessi ( di chi stiamo veramente parlando? ), che ci sia stato sottratto qualcosa (ma qualcosa ci appartiene veramente?) oppure che sia stato arrecato un danno (può esserci un danno?). E quindi come ci comportiamo? Occhio per occhio dente per dente! Vendetta a tutti i costi e volontà di supremazia attraverso l’aver ragione che tanto bene ci fa sentire ma che non permette la nostra crescita. Questa vendetta apparentemente da sollievo, ci fa sentire meglio. E’ una affermazione “egoica” puramente illusoria .

Ma se vediamo meglio taglia il ponte che ci traghetta dall’altra parte, nella dimensione dell’apertura di cuore. Come si può portare a termine un percorso di evoluzione spirituale senza perdonare o chiudere tutte le pendenze lasciate aperte? Come si può esercitare una leadership di servizio se non siamo in grado di amare tutti i nostri nemici? Ci stiamo pesantemente danneggiando e precludendo l’accesso a dimensioni di liberazione interiore. Il mancato perdono ci blocca sul passato e sui nostri corpi di dolore attivi. Ci preclude il passaggio ad un gradino successivo. Libera tossine emozionali all’interno di noi che ci inaridiscono.

Quella descritta precedentemente è la reazione dell’uomo medio, di colui che brancola nel buio perché identificato nella sola personalità a cui ciecamente crede. E allora lì fuori c’è un nemico, c’è un avversario, c’è qualcuno che ce l’ha con noi e che vuole il nostro male. A cominciare dai genitori che tanto male ci hanno fatto ed i fratelli, le sorelle , i suoceri etc. La lista è lunga ma normalmente si incomincia da coloro che ci hanno allevato che sono quelli che più difficilmente si perdonano (sembra strano ma è così). Portiamo avanti rancori per decenni o per tutta la vita, a volte per il nulla. Arriviamo in punto di morte senza aver concesso la parola a nostro padre o madre o fratello. Una parola non detta o detta male, un invito non accolto, un augurio non espresso. Ed altre questioni infinite. Si aprono mondi su questi mancati perdoni. Costruiamo interi film o sequel. Il mondo sembra cospirare contro di noi. E la cosa sorprendente è che questo succeda proprio a coloro che affermano di essere su sentieri spirituali o di applicare la Parola del Signore.

Perdono

Come si può portare avanti un percorso di evoluzione spirituale e di apertura del cuore senza concepire l’idea del perdono? Ma come scrive Gandhi solo i forti sanno perdonare e qui si intende la forza spirituale di colui che conosce la profondità della propria essenza. Colui che sa intimamente che nulla e nessuno possa sottrarre qualcosa alla sua vita anzi. Perdonando non stai cedendo nulla anzi stai aggiungendo sino a sentirti ricolmo di amore. Con un solo gesto compi un miracolo di inaudita forza spirituale in cui si concentra una mancanza di giudizio, di lamentela, di senso di vittimismo. In un solo gesto riconosci la tua divinità e la forza dell’infinito. E’ un gesto strabordante fatto per noi ma anche a beneficio dell’umanità.

Il perdono o meglio il processo del perdonare non è una concessione che viene elargita dall’alto a qualcuno che comunque giudichiamo come colui che ha sbagliato. Perdonando non stiamo facendo favori a nessuno. La persona che abbiamo perdonato potrebbe non saperlo mai e comunque questo gesto potrebbe non avere alcuna incidenza su di essa (oppure innestare processi di cambiamento interiore rivoluzionari). Non pensiamo ingenuamente che perdonando stiamo facendo del bene a colui che perdoniamo. Non è una assoluzione! Stiamo parlando della più grande tecnica di trasformazione interiore.

Ma come scrive sorprendentemente Nietzsche: Non si ha proprio niente da perdonare, ed aggiungo che nessuno ci ha mai fatto nulla. Perché la vita è un mosaico perfetto di azioni ed interazioni che portano verso un destino evolutivo che per noi è il migliore che ci possa essere. E se anche ci fosse stata la nostra crocifissione questa ha un significato evolutivo per noi così profondo da portarci verso una gratitudine da far scendere le lacrime. C’è bellezza e perfezione in tutto questo processo, dalla sofferenza alla liberazione. Un attrito che ci permette di evolvere verso l’apertura del cuore.

Perdonando stiamo facendo la più grande azione di amore della nostra vita nei nostri confronti ma anche nei confronti dell’umanità intera.

Nelson Mandela che esce dal carcere dopo 26 anni di carcere e perdona provoca uno spostamento dell’asse dell’amore terrestre! E come lui disse: “Il perdono libera l’anima e cancella la paura”.

Perdonando i nemici fino ad amarli e pregando per i miei persecutori sto mettendo in movimento una energia di amore che sposta gli equilibri del mondo. E’ un gesto sovraumano, è un’opera alchemica miracolosa. Quando ci chiediamo: “cosa posso fare per migliorare me stesso e la mia esistenza?”, ecco la risposta.

Ecco come si diviene in pratica dei guerrieri di amore, come era Gesù, mettendo in pratica il perdono.

Io ho perdonato perché non  ho nulla da perdonare. Nessuno mi ha fatto mai nulla di male. Nessuno ha commesso nei miei confronti qualcosa che mi abbia arrecato danno. Io vedo gesti di amore nei limiti di ciò che quegli esseri umani potevano esprimere in quel momento della loro vita. Hanno fatto comunque il massimo. E come si può allora perdonare colui che non sa ciò che ha fatto perché il suo stato di coscienza non permetteva di saperlo. Era comunque un atto di amore.

Ho trasformato il perdono in gratitudine quando ho visto veramente ciò che è accaduto nella mia esistenza. Ho potuto guardare quegli atti di grande perfezione nascosti dietro comportamenti della famiglia apparentemente viziati nell’amore ma essi stessi così intrisi di amore invece da non poter vedere null’altro.

Il perdono nasce dal riuscire a guardare questo mosaico nella sua completezza, comprendendo oltre la ragione sostando per un attimo nella intuizione pura del cuore. Si parla tanto di miracoli ma cosa è tutto questo se non un miracolo?

E quando accade il perdono sembra non accorgersi di nulla..cosa accade? Il perdono non si accorge di sé stesso perché non c’è niente e nessuno da perdonare. E’ come se tutto il polverone sia sparito in un attimo. I ricordi, i pensieri, le emozioni tutto sparito! E così al loro posto in un attimo c’è una perfezione che sembra spalancare le porte del cuore. E tutto ciò sarà per sempre.

Con il cuore

Luigi Miano

 

 

 

 

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TUTTO IL RESTO VI SARA’ DATO IN AGGIUNTA

Mt 6, 24-34

«Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammóna.
Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito?
Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena».  

 tutto il resto vi sarà dato in aggiunto

Uno dei messaggi più belli, utili e profondi  dei Vangeli che proprio di questi tempi andrebbe buttato giù a memoria ed inglobato interiormente sentendolo nel cuore.

Gesù Cristo ci suggerisce di evitare le preoccupazioni rispetto alla materia (non puoi servire due padroni). Non perché non sia giusto occuparsi della materia ma perché è automatico che le cose vadano in un certo modo se si ha fede che sia così. Invece noi cadiamo in una spirale di ansia che interrompe questa fede, questo flusso magico e spirituale in cui tutto il necessario ed oltre ci è fornito da Dio Padre.

Mangiare, bere o vestirsi? Sono le cose più importanti a cui possiamo pensare oggi? Significa rimanere sempre ai livelli più bassi della scala dei bisogni ed interrompere un processo di evoluzione spirituale. Se diamo il privilegio a queste ansie come possiamo pensare a questa crescita? Eppure Dio provvede a dar da mangiare agli uccelli e veste i gigli meglio di Salomone senza che essi abbiano il benché minimo livello di preoccupazione. Hai mai visto un giglio preoccupato oppure un uccello che va in ansia? Non è più importante la tua vita che le ansie di non riuscire a mangiare, bere o vestirti? Significa accettare e vivere un flusso magico dell’esistenza e riconoscere che per le cose basilari c’è una forza superiore che se ne occupa per noi (il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno). Ed allora noi siamo principalmente occupati in altre questioni più rilevanti: cercare il regno di Dio che è dentro di noi.

Ossia lavorare su noi stessi attraverso: il ricordo, la presenza, l’osservazione, l’amore e la trasformazione delle emozioni, la preghiera. Ecco qual è il Regno di Dio. Tutto il resto è in aggiunta. E’ naturale se lavori su te stesso/a con amore e ti metti al servizio permettendo che fluisca lo Spirito.

Non vivere per il domani ma per il presente perché il domani ha già i suoi affanni!

 

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RINNEGA TE STESSO E PRENDI LA CROCE

 Il Vangelo di Luca (Lc 9,23) che riporta le parole di Gesù:

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Rinunciare alle preoccupazioni della personalità e collaborare al progetto divino ed al risveglio. Perdo la mia vita di attaccamento e realizzazione per salvarla. Rinnego la personalità, i ruoli, le convinzioni, tutto il mio mondo strutturato. Non credo più in nulla che non faccia parte della mia spiritualità autentica.

Il Mondo esterno è una allucinazione frutto della mia interiorità ma il Regno dei cieli è dentro di me non fuori. Prendere la croce ossia accettare ciò che c’è nella mia vita oggi senza usare la magia nera e la forza per cambiare lo stato di cose esterne. Lavorare alchemicamente dentro di me per cambiare di riflesso il mondo esterno. E rinuciare ad essere del mondo ma semplicemente essere nel mondo senza perdersi nella personalità, nella mente illusoria. E’ l’apprendistato a vivere nell’anima.

Mentre recito: le seguenti parole: io metto a disposizione tutti i miei talenti, conoscenze senza chiedere nulla, sento la pace nel cuore.

«Nella gerarchia del futuro saranno innalzati solo coloro che avranno il coraggio di non chiedere nulla per sé e di porsi come ultimi. Perché chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11).

Abbi il coraggio di vivere così. So che è complicatissimo perchè ci è stato insegnato che tutto ha un valore commerciale, di scambio, e che c’è sempre da aspettarsi un ritorno.

Umiltà significa sentirsi ultimi non per far vedere ma sentirsi autenticamente ultimi. Sento che non posso insegnare nulla oggi ma soltanto condividere. Sento che io sono un fratello in cammino e basta! Io sono e basta..

 

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SCOPRI IL PROGETTO DELLA TUA VITA

Ho scoperto girando sul web una bellissima lettera di Papa Giovanni Paolo II rivolta ai giovani (anno 1985), in occasione dell’anno internazionale della gioventù.

Alcuni passaggi salienti:

Nel giovane del Vangelo (il passo è quello dell’incontro del giovane ricco con Gesù), ha spiegato Benedetto XVI, si può scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno dei ragazzi a cui ha destinato il suo Messaggio.

“Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! – scrive il Papa -. La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo”.

“La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità”, ricorda, aggiungendo che è anche il “tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita“.

“E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: ‘Sono soddisfatto della mia vita? C’è qualcosa che manca?'”.

Il Papa ha riconosciuto che i giovani, come quello del Vangelo, possono vivere “situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza”, che li portano ad “aspirare ad una vita non mediocre” e a chiedersi in cosa consista “una vita riuscita”, quale potrebbe essere il proprio progetto di vita e che cosa si debba fare perché la vita “abbia pieno valore e pieno senso”.

“Non abbiate paura di affrontare queste domande!”, ha esortato. “Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore”.

Per questo, ha segnalato, “vanno ascoltate” e “attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità”.

“Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi”, ha consigliato il Pontefice.

“Con fiducia, chiedetegli: ‘Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla’. Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa”.

Credo che anche ad un non credente queste parole parlino al cuore, mi emoziono a leggerle, mi risuonano forte nell’anima.

Il Papa parla di una forte domanda da porsi: “sono soddisfatto della mia vita?”, è una domanda che può aprire una forte crisi interiore. La crisi è necessaria per aprire nuove porte. Non porsi questa domanda significa accettare di vivere fuori da un progetto che ci è stato affidato. Credi che la vita sia lasciarsi vivere? Credi che tu sia stato creato a caso, soltanto per essere un numero? C’è molto di più, c’è molto di più!

Ti sono stati affidati dei doni, delle qualità dei talenti per servire il mondo nell’ambito di un progetto. Molti non sanno questo e si lasciano attraversare dalla vita senza porsi domande che aprano la crisi. Però l’umanità che non ha scoperto lo scopo, il progetto soffre, si sente inadeguata, sta male.”

Come scrive Giovanni Paolo II si passeranno delle fasi di turbamento e sofferenza dopo essersi posti delle domande esistenziali importanti ma sarà una fase necessaria e funzionale alla scoperta del progetto ed al proprio scopo.

Concludo con queste parole sempre di Giovanni Paolo II:

In un tale contesto il «progetto» acquista il significato di «vocazione di vita», come qualcosa che viene all’uomo affidato da Dio come compito. Una persona giovane, rientrando dentro di sé ed insieme intraprendendo il colloquio con Cristo nella preghiera, desidera quasi leggere quel pensiero eterno, che Dio, creatore e padre, ha nei suoi riguardi. Si convince allora che il compito, a lei assegnato da Dio, è lasciato completamente alla sua libertà e, al tempo stesso, è determinato da diverse circostanze di natura interna ed esterna. Esaminandole la persona giovane, ragazzo o ragazza, costruisce il suo progetto di vita ed insieme riconosce questo progetto come la vocazione alla quale Dio la chiama.

Con il cuore

Luigi

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LA RICERCA DELLA FELICITA’

http://luigimiano.com/blog/audiolibro/

 

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